Questa
mattina nell’apprendere dalla stampa che l’Amministrazione Comunale ha
confermato l’inizio dei lavori di valorizzazione del lungomare liberato dalle
auto, dallo smog, dal rumore restituendolo ai cittadini, alle famiglie, ai
bambini, agli anziani mi sono ricordato di un libro che reputo il testo dei
testi su Napoli :Usi e costumi di Napoli di De Bourcard.
Sì,
perché se si vuol sentir parlare bene di Napoli da sempre,bisogna leggere testi
di autori stranieri come questo appassionato studioso di origine svizzera che
impiegò circa vent’anni (1847-1866) per scrivere quest’opera meravigliosa
raccogliendo anche scritti di studiosi come Emmanuele Rocco che abitò negli ultimi anni della sua vita in via Suor Orsola,
5, a pochi passi da San Carlo alle Mortelle.
Questo
scritto di Rocco racconta a chiare lettere della balneazione del lungomare che
come ogni città di mare che si rispetti garantisce ai propri cittadini la
fruibilità di un patrimonio comune.
Non
sarà certo la volgarità di alcune trasmissioni televisive che, mi riferiscono,
proprio in questi giorni dalla televisione pubblica, ha ridicolizzato i
fruitori della balneazione sul lungomare, gente del popolo, proveniente forse
dai vicoli bui e senza sole dei quartieri spagnoli, con al seguito abbondanti
ruoti di pasta al forno e del buon vino, a sentenziare quali siano le migliori sorti di questo stupendo tratto di mare.
Grande
scandalo, grandi risate, abbondanti critiche apparentemente benevoli e
paternalistiche.
Ma
Napoli è questa e non è né Rimini con il mare impraticabile ma con le piscine, né
il lungomare di Nizza con chilometri di
spiagge gratuite con i migliori servizi.
Napoli
tenta ora di recuperare un patrimonio negato per decenni ai cittadini in
particolar modo ai meno abbienti, alle famiglie che non hanno la possibilità di
portare al mare i bambini a Ischia, Capri o Sorrento.
E’
interessante leggere questo estratto del racconto di Emmanuele Rocco che
fotografa una realtà non tanto distante dal nostro tempo.
I Bagni
di Emmanuele Rocco*
“Non credo che vi sia città
fatta più di Napoli per l’idroterapia . Antonio Musa che l’inventò o la
restaurò dovette essere napoletano. Nel più fitto inverno trovate lungo la
spiaggia sonnotatori che pescano conchiglie; e se vi fermate nei luoghi dove si
tirano le reti, vedrete sempre due o più marinai entrare nell’acqua a gola per
accompagnare il fondo della rete infino a terra:
Ma ecco la primavera è in sul
finire, la state si appressa e tutti anelano alle chiare, dolci e fresche
acque, benché spesso non le trovino né chiare né dolci. I fanciulli e i
giovanotti delle classi più basse, senza tante cerimonie, cottono al Molo, alla
Marinella, alla spiaggia di Chiaia, e si tuffano nel mare, dove sguazzano con
un diletto che fa piacere a vedersi: Le donne di modesta condizione non tardano ad invadere i bagni di
S.Lucia e della Marinella. Quelle più agiate corrono coi loro amanti e coi
giovinotti eleganti ai bagni della Villa. I ricchissimi e nobilissimi preferiscono
il bagno in casa, perché non vogliono immergere le loro carni dilicate dove
l’immerge il comune dei mortali. Altri,per capriccio o per utile del medico,
ricorrono ai bagni di Bagnoli, di Pozzuoli, d’Ischia o di Castellammare, e ne
ricavano tal giovamento che ne rimangono allettati a rinnovare ogni anno la
prodigiosa cura. Le più sfaccendate poi fra le donne, col pretesto che l’acqua
di mare lor fa danno, riempiono dall’alba gli stabilimenti di bagni dolci;e a
stento giungono a prendere il bagno a mezzogiorno o al tocco, lasciando le
domesiche faccende in balia del disordine.
E pure in mezzo a così
generale affezione pei bagni, la classe che più ne avrebbe bisogno, la plebe
operosa, se ne tien lontana peggio che se fosse idrofoba. Ma come volete che il
povero operaio vada a bagnarsi se non vi sono bagni pubblici? Chi vuol bagnarsi
senza spendere danaro, poiché non l’ha, deve porre giù ogni pudore, mettere a
rischio la proprietà del suo povero vestito e mescolarsi coi monelli del Molo e
dell’arena della Villa, per poi asciugarsi al sole e nella sabbia, mostrandosi
come Archimede il dì che trovò nel bagno la soluzione del famoso problema…..”
*Ferrol (Spagna) 1813 – Napoli 1893
Studioso di cose napoletane, filologo
Paolo Longano
RispondiEliminaGRANDE ANTONIO.....
Michele Morace
RispondiEliminaIndubbiamente è importante apprendere come uno Straniero/Forestiero possa "vedere" la nostra Città, senza dimenticare , però, le esigenze urbanistiche e di viabilità che la rendono VIVIBILE per gli Indigeni...
Ma questi stranieri molto particolari non vedevano soltanto, entravano nell'anima della città e del suo popolo, non erano gli stranieri mordi e fuggi, erano stranieri che amarono la città più d'ogni altro decidendo ,in alcuni casi, di viverci e morirci. Goethe, De Boucard,Rocco, Leopardi,etc.
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