"Nell' agosto del 1938 a Napoli si
contavano 835 cittadini ebrei (484 italiani e 351 profughi stranieri), dopo il
1940 si ridussero della metà con il decreto del settembre 1938 che imponeva l'
allontanamento dallo Stato di tutti gli ebrei entrati in Italia dopo il 1919,
con l' eccezione degli sposati o degli ultra 65enni.
«Allontanarli dall' Italia
significava metterli in mano ai tedeschi. Il fascismo imponeva una doppia
discriminazione: quella degli ebrei dagli ariani, comune alle leggi naziste, e
quella fra ebreo ed ebreo. In Italia i più "meritevoli", che si erano
distinti e avevano ricevuto onorificenze, potevano richiedere di essere
separati dagli altri ebrei ed esclusi dalle leggi razziali.
Molte furono le richieste a Napoli,
quasi tutte respinte. Così fu anche per le richieste di abiura degli
"arianizzati", che, accolte in un primo momento risultarono poi
inutili, non servirono a salvarli dallo sterminio».
«Gli Ebrei non appartengono alla
razza italiana», si legge sul "Manifesto della razza", pubblicato da
"Il giornale d' Italia" del 15 luglio 1938: estranei all' Italia non
hanno diritto al lavoro e all' istruzione.
Cinque furono i docenti espulsi dalla
Federico II e centinaia i bambini allontanati dalle scuole. Solo a una decina
di quegli scolari fu concesso di frequentare le lezioni nell' unica classe
mista della città, messa insieme dal direttore Muro della scuola elementare
Vanvitelli del Vomero, che ammise, contro la legge, bambini di 4 e 5 anni
consegnati poi ai fascisti e allo sterminio nelle camere a gas di
Auschwitz."(La Repubblica.it)
Nessun commento:
Posta un commento