Ricevo
un bel ricordo di Palazzo Strachan Rodinò, dall'amico Costantino
Longano che pubblico con piacere ed anche con un po' di commozione
specialmente per la parte che riguarda le ragazze non vedenti, il cui
ricordo è sempre vivo di una Istituzione che ha servito la comunità
parrocchiale con un coro di voci angeliche che difficilmente si
riesce a dimenticare.
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Due
passi nel mio quartiere, via Filippo Rega, mi fermo davanti al
vecchio..pesante portone dell'ex Istituto Strachan-Rodinò, Collegio
per fanciulle cieche, ormai chiuso da circa un ventennio.Un
Istituto tenuto da un ordine monacale che gestiva anche l'asilo
d'infanzia e la scuola elementare.Con
gli occhi dei ricordi apro quel portone e salgo la scalinata a
sinistra...scalini di piperno consumati dalle scarpe di emaciati ma
esuberanti bambini per l'età e la libertà che era nell'aria
dell'immediato dopoguerra.Al
primo piano a sinistra la Cappella con una bellissima statua
dell'Immacolata sempre adorna di freschi e profumatissimi
fiori...c'era tanto profumo che avevi la sensazione di vivere in un
miracolo, a destra le ampie aule delle tre classi elementari
maschili, la prima aula era tenuta dalla terribile suor Aureliana,
unica vera torturatrice tra tante altre sorelle dolci e pazienti coi
bambini, questa suora che starà...dopo 70 anni...ancora in
Purgatorio...bacchettava sulle piccole mani, pizzicava dolorosamente
sulle natiche, ti metteva in ginocchio su chicchi di granone e ti
tirava la lingua...per non lasciarsela scivolare dalle dita la
tirava tenendo un lembo della sua tonaca tra le mani..e
tirava...tirava.... nella seconda aula c'era suor Felicina e nella
terza la...baffuta suor Lorenzina, entrambe ottime educatrici. Sia
la Cappella che queste aule affacciavano sul grande giardino pensile
che si estende su locali ed abitazioni sottostanti, sempre vivo e
stupendo il secolare glicine che avvolge l'ala sinistra
dell'edificio.Al
secondo piano salendo una scalinata con soglie di lavagna
sottilissima e consumava,a sinistra c'erano gli alloggi delle
ragazze cieche, affettuosamente definite nel quartiere come "
'e cecatelle", e le aule dove svolgevano le loro attività di
cucito, ricamo e canto. A destra, tramite un ampio e lungo corridoio
si accedeva alle aule dell'asilo Maria Pia di Savoia ed a quelle
delle elementari femminili; nel 1952 vi fu gran tripudio per la
visita del Presidente della Repubblica, Luigi Einaudi. Quelle classi
erano amorevolmente guidate da suor Clelia, suo Carmelina, suor
Matilde e l'anziana..dolcissima madre superiore che era suor Olga.Al
terzo piano...quello che si erge fino al livello di Vico S. Maria
Apparente, ancora locali riservati agli alloggi delle suore, il
refettorio ,le dispense e le cucine. La piccola porta marrone che da
sulla strada era adibita al movimento delle merci. Tanti
ricordi....tanti flash back di giornate anche felici, nelle nostre
miserie del dopoguerra.Cosa
resta,....un immenso e fatiscente edificio ramificato su tre strade,
un immensa rovina abbandonata, che potrebbe servire, eccome potrebbe
servire...Aggiungo
che...nei ricordi, l'ultima ciechina che accettò l'Istituto fu
Maria Grazia, arrivò che era una bambina di nemmeno 10 anni,
bellissima e vivace, fu amatissima nel quartiere e tutti le si
volevano avvicinare per toccarla...abbracciarla...baciarla. Dopo la
chiusura dell'Istituto, Maria Grazia non aveva una famiglia dove
tornare e volle restare nel quartiere.Oggi
la puoi incontrare dove vive attualmente, al Cso V. Emanuele in un
alloggio privato nell'edificio della Scuola Rinaldi. Sta bene ed è
seguita da una bravissima famiglia della zona.
Costantino
Longano
Alla
fine del 1861 Leopoldo Rodinò fondò a Napoli l'Opera per la
Mendicità a sostegno dei mendicanti. Nel corso dei primi anni,
l'Opera agì talmente bene che ottenne la fiducia del popolo
napoletano, la cooperazione del Governo ed anche le lodi degli
stranieri, tanto da poter fondare altre opere di beneficenza. La
principale fu quella destinata all'educazione e all'istruzione delle
giovani donne cieche costrette dai genitori a mendicare (per i maschi
era già stata istituita l'Opera Pia di S. Giuseppe e Lucia a
Chiaia). La promotrice fu Lady Strachan, marchesa di Salsa, che diede
al fondatore e presidente una somma cospicua di denaro affinché
potesse prendere vita a Napoli questo istituto educativo. Alla fine
del 1868 l'Opera per la Mendicità si sciolse, ma il Consiglio
direttivo decise che la Scuola Speciale e il Convitto per le giovani
cieche continuassero a vivere e portassero il nome della nobile Lady
Strachan.
L'Opera Pia Scuola e Convitto fu costituita in corpo morale con Sovrano decreto del 19 febbraio 1869 con approvazione dello statuto organico, ed è stata trasformata successivamente in Fondazione con la denominazione di "Istituto Strachan Rodino" per l'assistenza ai minorati della vista.
L'Opera Pia Scuola e Convitto fu costituita in corpo morale con Sovrano decreto del 19 febbraio 1869 con approvazione dello statuto organico, ed è stata trasformata successivamente in Fondazione con la denominazione di "Istituto Strachan Rodino" per l'assistenza ai minorati della vista.
Antonio,intanto mi fà piacere che hai superato il febbrone,poi vorrei unire i miei ricordi che mi toccano di persona a quelli del nostro amico Costantino che mi sembrano una fotografia. I miei nonni materni,nonno Gennaro e nonna Emma (piccola nota : la mia seconda nipotina porta il suo nome,inaspettata sorpresa fattami da mia figlia ) erano i custodi del convitto.Sai quante volte ho aiutato mio nonno ad aprire e chiudere le massiccie ante di quel portone per consentire il passaggio " de' cecatelle" che guidate da una suora, stavano in fila indiana e si tenevano per un lembo della tonaca,andavano alle messe o alle tradizionali funzioni nelle quali cantavano pure.Mio nonno era un factotum,una specie di Archimede Pitagorico,faceva la manutenzione ed io lo accompagnavo portandogli " 'a cascetta de' fierr' ".Gli passavo gli attrezzi, in pratica facevo " 'o guaglione" e......imparavo.Ho ancora nelle orecchie la voce dall'accento nordico della Madre Superiora,mi sembra che allora non fosse Suor Olga,che dalla balaustra del terrazzino sul cortile lo chiamava: GENNARINOOOO ! Quando andavamo ai piani,l'attraversamento delle stanze silenziose e tranquille mi dava l'impressione di stare in un'altra dimensione.Non solo ma suscitava in me meraviglia vedere e' cecatelle,sedute nelle loro aule a scrivere in BRAILLE con uno strano aggeggio....per me. Particolare gioia mi dava,accompagnare il nonno che collaborava all'allestimento del presepe e dello spettacolo annuale che le ospiti tenevano per i benefattori dell'Istituto.Indelebili sono gli anni trascorsi all'asilo che stava all'ultimo piano come i due anni d'elementare passati con SUOR AURELIANA. Era arcigna e severa,non l'ho mai vista ridere nè giocare "gioiosamente" con noi bimbi. Ricordi di quegli anni sono i banchetti di legno con il pozzetto del calamaio;il portamatite di legno con il quale giocavamo alla battaglia navale ;i quaderni di "bella copia" con la copertina nera ed i bordi dei fogli rossi che la maestra teneva chiusi nel cassetto ; il grembiule nero con il fiocco tricolore ed il dopo scuola che mi faceva mio nonno insegnandomi a fare le operazioni con i fagioli.Altri flasch-back sono una forte nevicata che ci consentì di fare un pupazzo di neve ed il momento della mattina presto in cui mio nonno mi comprava il panino " cu' 'a ricotta e' fuscell' "....di cestino.L'eco della voce del venditore la sentivo da sotto le coperte e la curiosità mi spingeva ad affacciarmi, nonostante il freddo e la condensa del fiato,e vedere il banchetto del venditore che consisteva in due ceste di vimini : una da base e l'altra come bancone su cui c'era la ricotta avvolta nel lenzuolo ed i panini conficcati nei bastoncini di vimini.Ricordo ancora la barchetta a dondolo di fronte al portone ed il gioco che facevamo saltandoci addosso stando appoggiati alle colonne dell'ingresso.come anche il gioco con le palline multicolore che dovevamo inbucare nel pozzetto del tombino.Ultimo ricordo,non mio ma dei miei genitori,era quello che mi raccontavano relativo al doppio ingresso del convitto che consentiva ai fuggiaschi delle retate dei nazi-.fascisti di scappare per raggiungere i pendii della collina di Castel Sant'Elmo.
RispondiEliminaGrazie Bruno di questo bel ricordo, sembra di aprire un vecchio libro e leggerne alcune pagine...Un caro abbraccio
EliminaGrazie a te che,ospitandomi nel tuo blog,mi dai l'opportunità di scrivere e ricordare queste cose.Se per caso,data l'età,mi ripetessi,da buon amico.....dimmelo. Non ti nascondo che mentre lo facevo,mi sembrava di veder scorrere un film e nonostante la mia età e che sia nonno.......mi è venuto il magone.
EliminaCarissimi con le vostre minuziose e dettagliate descrizioniiMi avete riportata alla mia dimensione di bambina di cinque anni....oggi LeggendovLeggendovi mi sono commossa, ancora vive in me le voci delle cecatelle che cantavano...
RispondiEliminaRicordo più giù del convitto, in un basso "la copertara" e ancora più giù al civico 37 abito io con la mia _famiglia.un caro saluto
Titti Benvenuto
3404778572
Carissimi con le vostre minuziose e dettagliate descrizioniiMi avete riportata alla mia dimensione di bambina di cinque anni....oggi LeggendovLeggendovi mi sono commossa, ancora vive in me le voci delle cecatelle che cantavano...
RispondiEliminaRicordo più giù del convitto, in un basso "la copertara" e ancora più giù al civico 37 abito io con la mia _famiglia.un caro saluto
Titti Benvenuto
3404778572