domenica 9 febbraio 2014

La ragazza del Petraio

Un racconto di Guglielmo Peirce (Napoli 20.4.1909-Roma 24.11.1958), pittore,giornalista,scrittore
 
Il Petraio è una lunga strada a gradini che dal corso Vittorio Emanuele porta al Vomero. Taglia in due la collina. E' una scalinata solitaria,appartata,incassata fra orti e case di campagna...Le solitarie,riparate,antiche scale del Petraio rappresentavano uno dei rifugi terrestri preferiti da noi ragazzi che marinavamo la scuola. In quello spopolato viottolo di campagna eravamo sicuri di non fare pericolosi incontri di parenti,presidi o professori. Su quei muretti a secco restavano le nostre cartelle ed i nostri libri abbandonati per ore ed ore...
 
Al Petraio una sera (erano passati gli anni) vidi una ragazza stupenda. Scendeva dal Vomero. Invece di prendere la funicolare avevo voluto percorrere quelle scale, perchè probabilmente non avevo i pochi soldi per pagarmi il biglietto. Era un pomeriggio della buona stagione. Non era ancora sera. Laria del Petraio era azzurra, trasparente, attraversata da venature rosa (forse il tramonto lontano).
Sugli alberi di limone e mandarino dei suoi orti si accendevano quà e là dei lampi d'oro:gli ultimi raggi del sole che facevano brillare, accendendole,le foglie ed i frutti...Scendevo veloce,saltando i gradini. Nell'aria della prima sera si sentivano l'odore dei gelsomini,caldo come un fiato, e quello un po' acidulo,ma fresco e notturno,dei mandarini. L'odore delle sere napoletane di primavera. Un odore di Grecia che veniva dal mare.
La ragazza era alla balaustra di un terrazzino;uno di quei terrazzini napoletani ricoperti di pece nera. Era affacciata fra vasi di fiori e di basilico. Il terrazzino si trovava quasi a livello della strada: la casa aveva l'ingresso nell'orto che degradava in basso. Una strana architettura simile ad una scenografia. La casa era tutta dipinta di rosa.
La ragazza mi apparve straordinariamente bella: con capelli neri,lucidi,occhi piccoli a
mandorla:sfavillanti,ombrati da grandi ciglia. Una meraviglia. Mi fermai e scambiei con lei qualche innocente parola, ma lei mi rispose appena: parlava a bassa voce, a monosillabi. Era atterrita, mi disse, dai fratelli, dalla madre e dal padre. Era una di quelle ragazze napoletane tenute segregate da una intera famiglia gelosa..

Ritornai altre volte per quelle scale magiche alla ricerca della mia bella.
Un giorno vi andai sul tardi. Era già buio. Si sentiva nell'aria il mormoriodella sera; il bisbigliare della sera di Napoli: il movimentogià notturno delle foglie;lo stormire lieve degli alberi.
Qualche cosa di misterioso volava per il cielo del Petraio. Forse era il profumo degli alberi e dei fiori.
La ragazza era andata a comprare all'angolo della strada, da un piccolo tabaccaio o droghiere, un "misurino"di petrolio. Forse avevano in casa qualche lume da fare ardere: un voto, il ricordo di un morto, una devozione.
Le presi la mano e facemmo un po' di strada assieme. Oh, appena pochi scalini, Io parlavo;lei taceva. Mi guardava di tanto in tanto, di sfuggita. Era timidissima....Restammo a guardarci negli occhi e a tenerci per mano. Aveva una manina piccola, qua e là rugosa: faceva evidentemente le faccende di casa come tutte le ragazze di Napoli. Volevo convincerla,nonostante il mio cognome scorbutico, che ero anch'io, come lei, napoletano. Ad un certo punto, accennai sottovoce, per rompere il nostro silenzio, una canzone antica, che cantava mia madre quando era giovane: Uocchie ch'arraggiunate senza parlà ..e guardavo i suoi occhi lucidi e neri.
Dopo quella sera non ci vedemmo più. Non la fecero più uscire di casa. M io ugualmente andavo al Petraio. Ero restato incatenato a quel balconcino, a quella casetta rosa, a quelle pienticelle di basilico, a quella ignota fanciulla. Qualche volta una manina bianca (la sua) mi salutava nascosta tra le "persiane". La manina (aveva, ricordo, un anelluccio d'oro di bambina: forse l'anelluccio della cresima) sbatteva come le ali di una colomba e poi si ritraeva. Era il suo volo della sera. Brve ed amaro volo....
Poi partii e non tornai più a Napoli. E non tornai più al Petraio.
Ma io ti ho sempre pensato, ignota fanciulla del Petraio. E nella memoria mi è restata quella tua manina bianca, un po' ruvida, con l'anellino della cresima, che mi salutava tra le persiane socchiuse.
Ho sempre pensato a te ed al Petraio con i suoi orti, i suoi giardini, i suoi terrazzini di pece e l'aria dolce, odorosa di gelsomini e di mandarini...
 
(da Bentornato, Amore!.. Pagine di letteratura napoletana raccolte da A. Altamura- SEN Ed.-1978)

4 commenti:

  1. Angela Talu
    scalinatella longa longa longa ,strettulella ,strettulella addò sta chella 'namuratella.Molto bello il racconto

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  2. Federico Nubile
    Racconto bellissimo ed anche le foto della strada ....che mi permetto di pubblicare nel mio diario... Grazie!!

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  3. Bruno Rippa
    bella foto;ho nostalgia di vederlo,saranno 50 anni che non ci sono passato più.Andavo a ripetizione al Vomero e scendevo di lì per risparmiare i soldi della funicolare e comprarmi il mio giornaletto preferito.

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