martedì 31 gennaio 2012

San Francesco Saverio Maria Bianchi

E’ l’ultimo giorno del mese di Gennaio. L’anno scorso ho ricordato, in occasione dell’anniversario della sua morte avvenuta all’improvviso il 31 Gennaio del 1980, Antonio Altamura , scrittore e letterato vissuto per anni nella sua casa al primo piano di quello che è stato il palazzo dove un pezzo di storia della città degli ultimi tre secoli è passato per quel portone, lasciando segni e ricordi difficilmente cancellabili dalle memoria di quanti amano la nostra Napoli.
Oggi la Chiesa,oltre la figura  popolare di San Ciro, ricorda il meno noto San Francesco Saverio Maria Bianchi, nato ad Arpino (Frosinone) nel 1743 ed ordinato a Napoli sacerdote dell’ordine dei Barnabiti nel 1767. Insegnò Filosofia e Matematica nel Collegio di San Carlo alle Mortelle, dove aveva ultimato gli studi, nel 1778  insegnò nell’Università di Napoli e l’anno successivo divenne socio della Reale Accademia di Scienze e Lettere.
Fu padre spirituale di Suor Maria Francesca delle cinque piaghe, la mistica Santa napoletana che predisse l’eruzione del Vesuvio del 1794, oggi ancora venerata ai quartieri Spagnoli dove la sua casa è pellegrinaggio continuo in particolare delle donne che non riescono ad avere figli.
Fu anche guida spirituale di Carlo Emanuele IV di Savoia e di sua moglie Clotilde .
Si narra che dal 1800 cominciò il periodo particolarmente orientato al misticismo, periodo in cui fu trovato in estasi davanti al SS.Sacramento e durante il quale si disse che, trovandosi a Torre del Greco, con un suo gesto di benedizione avesse fermato la lava del Vesuvio, durante le eruzioni tra il 1804 ed il 1805, che minacciava la città.
Morì il 31 Gennaio del 1815 dopo tredici anni vissuti su di una poltrona a causa di una malattia che gli procurò molteplici piaghe alle gambe e, si narra, che i suoi funerali furono tra i più affollati dell’epoca e che richiesero l’intervento di guardie a cavallo.
Fu Beatificato da Papa Leone XIII il 22 Gennaio 1893 e canonizzato da Pio XII il 21 Ottobre 1951.
Le sue spoglie sono conservate a Napoli nella Chiesa di Santa Maria di Caravaggio, in Piazza Dante, costruita nel 1627.


lunedì 23 gennaio 2012

Eleonora Pimentel Fonseca e la Repubblica Napoletana


23 Gennaio 1799, nasce la Repubblica Napoletana che vedrà,però, la fine dopo pochi mesi ,l’8 Luglio 1799

Elemento di spicco fu Eleonora Pimentel Fonseca, scrittrice e giornalista che diresse il Monitore Napoletano, giornale ufficiale del Governo provvisorio.
Abitò per un breve periodo in San Carlo alle Mortelle dove nella omonima Chiesa seppellì il suo unico figlio Francesco nato dallo sfortunato matrimonio con Pasquale Tria de Solis,capitano dell’esercito napoletano e dal quale si separò otto anni dopo a seguito anche delle percosse ricevute che le procurarono l’interruzione della seconda gravidanza.
Per i suoi ideali Repubblicani, fu arrestata ed impiccata il 20 Agosto del 1799 in Piazza Mercato e prima di morire citò Virgilio : Forsan et haec olim meminisse juvabit  ,  Forse un giorno gioverà ricordare tutto questo.

"Risente, ansando come un incubo, le note fonde, paurose, della “Messa da Requiem” di Mozart, alle Mortelle l’aveva resa quasi pazza. Dopo una settimana dalla morte del bambino (l’andava a trovare quotidianamente nella parrocchia di San Carlo, dove un quadratino di marmo grigio sul pavimento, all’angolo della navata sinistra, ne segnava il nome e la fredda dimora sotterranea) due volte al giorno, pomeriggio e sera, dalla chiesa giungevano, puntuali, i funebri accordi d’organo….Cominciò allora a diventare vecchia: grigia nelle tempie, scavata nelle guance, curva, smagrita, l’odioso petto cascante, vizzo. Restava giorni senza mangiare. Trovava forza il pomeriggio per andare in chiesa, al quadratino" ( da Il resto di niente di Enzo Striano  Loffredo Editore)



giovedì 19 gennaio 2012

Ricordo di un amico

Paolo Contessa
Erano molti anni che non lo vedevo, avevo sue notizie attraverso Massimiliano, sapevo che non era in perfette condizioni fisiche ma, conoscendolo, mi veniva spontaneo buttare lì una battuta in dialetto ma chi l'accire?.
Quando la figlia Bruna mi ha comunicato la notizia confesso di essermi ripreso subito dalla commozione, quasi che fosse fuori luogo conoscendo la sua personalità.
Un uomo dal carattere forte, socievole, affettuoso,sensibile, di quelli che incontri e  già da lontano cominci a sorridere perché sai che è impossibile non scambiare una battuta, raccogliere un sorriso, un abbraccio, una stretta di mano.
Paolo nel quartiere era un mito, ma no nel senso comune troppo abusato del termine, era il personaggio che tutti conoscevano, che tutti amavano incontrare proprio per queste sue caratteristiche umane, che gli amici in particolare, amavano ascoltare in piazza,davanti alla tabaccheria, con i suoi racconti e le sue descrizioni delle persone della zona con i loro pregi ed i loro difetti e aveva la grande abilità di attribuire i sopranomi più azzeccati.
Al telefono stasera il Prof.Franco Alfarano, l'ex Parroco storico di San Carlo, tra la commozione e l'immancabile sorriso che automaticamente spunta citando il suo nome, ricordava le battute ed il tempo che impiegava ogni volta che andava in tabaccheria per le sigarette, perché incontrare Paolo era impossibile limitarsi al freddo saluto, per lui incontrare un amico, un conoscente era un'occasione di gioia, era una delle rare persone che quando la incontravi non ti scaricava addosso mai i suoi problemi o tristi notizie.
Le partite di calcio con la sua partecipazione erano sempre un momento di puro divertimento anche nelle discussioni più accese per un goal da contestare o una mancata espulsione di un avversario.
Confesso che faccio fatica a non ricordarlo con un pizzico di allegria e di buon umore, anche perché avvertirei  la sua contrarietà e anche qualche parolaccia per dirmi di non permettermi di fare discorsi troppo seriosi o peggio intrisi di tristezza.
Ciao Paolone.
(20 Gennaio ore 11,45 -Chiesa S.Maria della Libera, via Belvedere)

venerdì 6 gennaio 2012

La nostra Befana

Era questa la giornata dei giochi, in casa o nei viali, nella piazza,nel vicolo, era la giornata dei bambini, delle bambole nelle carrozzine, delle biciclette, delle pistole, dell'auto di plastica a pedali.
Ci svegliavamo di notte, al mattino di buon ora a scavare nelle federe dei guanciali adattate a sacchi a disposizione della vecchia Befana.
Un giocattolo,due, massimo tre, tra carte di giornali,carbone,qualche caramella e qualche patata per fare volume.
Avevamo vissuto una notte immersi in una favola di Andersen, per pochi ma veramente pochi giocattoli, una costruzione, un piccolo chimico, una bicicletta che ai nostri occhi appariva come un motorino.
Affacciato al balcone di casa mia al terzo piano corrispondente ad un sesto dei fabbricati moderni, vedevo i compagni di gioco scorazzare in bici, piccole donnine che spingevano le carrozzine, i più piccoli sui monopattini lungo la discesa, dietro i muri del giardino piccoli focolai di guerra tra indiani e cowboys...e via giù per mostrare i mie giochi, il mio meccanico, tra viti,bulloni e piastre in ferro.
In piazza Marittiello correva come un forsennato su un monopattino un po' scorticato, non proprio nuovo ma che lo faceva volare ugualmente nel suo mondo dei sogni.