domenica 30 gennaio 2011

Una vita per la cultura

Non riesco a ricordarlo diversamente Antonio Altamura se non dietro la sua scrivania  ricolma di carte,libri,fogli,appunti ed il suo viso tra nuvole di fumo di sigarette nella sua casa di San Carlo alle Mortelle al primo piano dello storico civico sette, nel silenzio del suo studio stracolmo di libri.
La sua congenita riservatezza e la battuta dotta ed elegante sempre pronta, propria dell'autentico gentiluomo napoletano, oggi, a distanza di ventun'anni dalla sua scomparsa, se potesse vedermi mentre scrivo questo semplice affettuoso ricordo, non mi risparmierebbe una solenne ...mandata a quel paese.
Conoscendolo, non avrebbe gradito si parlasse del suo valore,delle sue benemerenze, egli era ben consapevole che i suoi  scritti, le oltre 150 pubblicazioni erano state il suo contributo alla letteratura italiana, alla cultura meridionale e,con un amore particolare, a quella napoletana, un contributo concreto lontano dai riflettori con una discrezione senza uguali.

La sua opera forse più conosciuta anche ai  non addetti ai lavori è senza dubbio il dizionanrio dialettale napoletano che, pur non essendo stato il primo, si differenziava dagli altri pubblicati nel secolo precedente per il contenuto certamente più esaustivo che derivava dalle lunghe e attente ricerche compiute sull'etimologia delle parole ed una maggiore sintesi di talune espressioni che ne determinavano una semplificazione e,quindi,una comprensione più compiuta.

Ma quì si è voluto principalmente ricordare un uomo illustre che ha dato a Napoli ed alla sua cultura un segno che va oltre la memoria corta e la irriconoscenza di una città che vive, come del resto l'intero Paese, un lungo periodo di decadimento culturale dovuto principalmente ad una classe politica di modesto livello dove i cosi definiti assessori alla cultura che si sono succeduti in questi ultimi vent'anni non hanno ritenuto neanche di dovergli  intitolare una strada, un vicolo.
Antonio Altamura, non avrebbe commentato, avrebbe sorriso e sorvolato sull'argomento e, anche questa volta, mi avrebbe affettuosamente mandato a quel paese.
_________________________________________________________
Nato a Napoli il 18.09.1914 , compie i suoi studi fino alla maturità classica all’Istituto Pontano dei padri gesuiti.
Nel 1937 si laurea in Lettere all’Università degli Studi di Napoli.
Nel 1940 vince il concorso a cattedra di italiano e latino nei licei, ricoprendo le sedi di Castellammare di Stabia e di Napoli presso il Liceo Ginnasio “J. Sannazaro”.
Nel 1950 consegue la Libera Docenza in Letteratura Italiana.
Nel 1954 vince il concorso a Preside di prima categoria, ricoprendo incarichi presso il Liceo Classico di Vallo della Lucania (Sa), il Liceo Classico di Sarno (Sa), l’Istituto Magistrale  “G. Mazzini” di Napoli ed infine quello presso il Liceo Classico “G.B. Vico” di Napoli.
Dal 1970 riceve l’incarico di professore incaricato per l’insegnamento di Filologia Italiana presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Salerno.
Dal 1972 al 1977, contemporaneamente al predetto insegnamento universitario, ricopre l’incarico di professore per l’insegnamento di Letteratura Italiana presso l’Istituto Universitario Orientale di Napoli.
Nel 1976 vince il concorso a cattedra per professore ordinario di Letteratura Italiana presso l’Università di Pavia, sede mai raggiunta per motivi di salute. Nello stesso anno va in pensione come preside del Liceo “G.B. Vico”.
Tra l’altro, era stato vincitore del concorso per Ispettore Centrale di Ministero della Pubblica Istruzione, dove non aveva mai voluto entrare in quel ruolo.
BENEMERENZE :
-         Laurea in Lettere honoris causa dell’Università di Parigi ;
-         Socio Ordinario dal 1958 dell’Accademica Pontaniana di Napoli ;
-         Premio Napoli per la Linguistica e la Dialettologia del 1965 ;
-         Ispettore Onorario per i beni culturali per la zona di Massalubrense (Na) dal 1968 ;
-         Premio per l’attività culturale svolta, rilasciato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri per gli   anni 1966 e 1970 ;
-         Il Presidente della Repubblica, con “motu proprio” gli conferisce l’onorificenza di Grande Ufficiale della Repubblica Italiana ;
-         Nel 1976 gli viene conferita la medaglia d’oro per i benemeriti della scuola, della cultura e dell’arte da parte del Ministero della Pubblica Istruzione.
Scompare a Napoli il 31.01.1980 .

martedì 25 gennaio 2011

Accademia di Belle Arti di Napoli

L'Accademia di Belle Arti di Napoli è un istituto di formazione superiore
dedicato
allo studio delle arti visive.
Nel 1752, Carlo III di Borbone istituì la Reale Accademia del Disegno
con sede a San Carlo alle Mortelle.
Poi, dopo una breve sosta al Regio Palazzo degli Studi, l'Accademia
ebbe come base fissa quella attuale di via Costantinopoli. Il trasferimento
effettivo si ebbe nel 1864.

lunedì 24 gennaio 2011

Personaggi

Adolfo: Una vera e propria istituzione,la storia personificata di una parte del quartiere,il portiere per eccellenza. Sono solo alcune delle definizioni che più si addicono ad un uomo che più generazioni hanno conosciuto. Era il portiere d'altri tempi, l'uomo di fiducia a cui affidare un fabbricato importante che in passato fu sede dello storico collegio dei barnabiti ed in seguito residenza di tante famiglie tra le quali anche di alcuni di quegli uomini illustri che abbiamo voluto ricordare nella rubrica di fianco.
Adolfo nella sua stanza-guardiola, posta ad un livello più alto di quello stradale, era l'occhio sempre vigile e attento, sempre pronto ad un saluto garbato mai servile, sempre in compagnia della sua Emilia,discreta e garbata.
Non era solo il portiere nel senso più comune del termine era il rappresentante ed il custode della tranquillità della vita di una comunità, sempre disponibile per ogni evenienza: un problema idraulico? Una porta bloccata da un catenaccio arruginito? Una lampada difettosa? Un problema ad un'auto? Una manovra complicata ?L'ascensore bloccato?Adolfo era il consulente perfetto anche quando non poteva risolvere direttamente un problema.
Credo non ci sia persona della mia generazione, di quella dei nostri genitori e dei nostri figli che non conosca questa figura che pare tenga ancora legati i ricordi di un periodo della nostra vita.
Quando capita di dover passare per S.Carlo alle Mortelle, una sosta è d'obbligo,un saluto, un abbraccio perchè lui è là , davanti al civico sette oppure dietro al suo balconcino,sopra la tabaccheria.

venerdì 21 gennaio 2011

Personaggi


Donna Carmela : Madre di 16 figli, tutti in un basso di via S.Nicola da Tolentino, pochi metri quadrati, condizioni pessime.Ma donna Carmela si dava da fare, anche un solo pasto al giorno doveva garantirlo. Ogni settimana, a volte anche più di una sola volta, arriffava, con il suo paniere in vimini ed i 90 numeri tra i quali estrarre il vincitore di un cesto con della pasta, zucchero,caffè e talvolta un premio in danaro.
L'estrazione era tutta una scena diversa dalle altre della concorrenza, più veloce, meno aggraziata, più materiale, più sbrigativa: chesta è a mana e subito il numeretto via dal cesto.La vita era stata dura con lei e lei ricambiava con la stessa moneta.
Purtroppo le cronache degli ultimi vent'anni hanno riportato  sovente il cognome a tutti noto, i nomi diversi, dei vari figli maschi che hanno trovato lavoro nella criminalità organizzata e tra i cani sciolti, purtroppo anche alcuni che hanno trovato la morte e,di recente, anche qualche figlio dei sedici.


martedì 18 gennaio 2011

Curiosità : la Real fabbrica di Arazzi

Nel 1734, Re Carlo di Borbone decise di istituire in città una fabbrica di arazzi.


Il 5 ottobre del 1737 fu soppressa la celebre Manifattura di Arazzi, fondata nel 1546 e tutti gli artisti ed operai si ritrovarono  senza lavoro.
Il Re assoldò con rara tempestività i migliori tra di loro e diede incarico a Gioacchino di Montealegre, Primo Ministro della Real Casa,  di occuparsi della Real Fabbrica degli arazzi.


La sede fu individuata nell'edificio posto di fianco alla Chiesa di San Carlo alle Mortelle che già era destinato a laboratorio delle pietre dure e poi della prima accademia napoletana del disegno.
Nel 1739 fu completato l'arazzo raffigurante Carlo di Borbone oggi a Capodimonte.


Nel 1757, dopo che il Montealegre diede uno statuto ed una regolamento alla fabbrica,fu data la direzione a Pietro Duranti,esperto del settore,che assunse bravi artisti provenienti da altre città.


Alla fine del 1778 la fabbrica dopo aver prodotto più di duecento arazzi, fu trasferita nei locali del Palazzo Reale di Napoli.




.

lunedì 17 gennaio 2011

17 Gennaio S.Antonio Abate

menate,menate  così urlavano i ragazzini tra i vicoli, rivolti alle donne affacciate ai balconi...e ogni genere di oggetti inutili,vecchi,in disuso,  volavano giù per il fuoco della sera da incendiare  assieme agli alberi di Natale rimossi al'indomani del giorno del'Epifania. 
così detto cippo di S.Antonio

sabato 15 gennaio 2011

Quegli anni : io li ricordo così

Antonio Menna

Erano gli anni '60, gli anni di piombo, per la mia generazione, una contrapposizione ideologica che passava per l'odio e la violenza; le nostre famiglie erano reduci dalla guerra e non c'era da stare allegri, tanti di noi sentivano il bisogno di unirci, di essere comunità in ascolto, di condividere la speranza per la giustizia, per la pace, aspiravamo ad una società inclusiva, solidale, un po' controcorrente rispetto ai cliché dell'epoca.
Ci ritrovammo a San Carlo alle Mortelle, Napoli, da poco diventata Parrocchia con Franco Alfarano e con Lui, pian piano. demmo inizio all'Associazione Gioventù Unita. La Parrocchia era immersa nel sociale con il suo ambulatorio medico, la diffusione della stampa cattolica, l'incontro con la gente e l'intensa partecipazione attiva alla liturgia, la Messa delle 9,30 fu modo per sentirci Comunità in cammino, Franco Alfarano ci spiegava la rivoluzione dell'amore di Dio, il dono della Fede, il senso profondo e condiviso della Testimonianza.
Aprimmo ai bambini e ai giovani, prima solo maschi e poi la sezione femminile, c'erano giochi per intrattenerci, libri e il mercoledì sera una riflessione-dibattito con il teologo Don Romualdi. Da qui tante iniziative: la squadra di calcio con la divisa grigio-nera, il Teatro con Matteo Ricciardi, un anticonformista      illuminato, che credeva nei giovani e gli dava spazio e consigli, pur geloso della sua laicità, e ricco di ironia e sarcasmo.
La Gioventù  Un ita, a differenza di tante comunità parrocchiali, era trasversale alla Città, venivano da tutti i quartieri, di ogni età, studenti e lavoratori, credenti e non e, nonostante le differenze non solo di età, talvolta, ma anche di condizione economica di provenienza, eravamo una comunità d'eguali, nella propria diversità, solidali e quel più conta AMICI.
Tra le tante iniziative, ricordo, oltre alle rappresentazioni teatrali, la gita al Faito dove aveva una casa Luigi Cattaneo, e grazie ad Aldo Palazzo e non avendo molte disponibilità. comprammo panini e companatico presso uno spaccio militare.
Poi andammo ad una 3 giorni a Pompei, per una riflessione comune con i giovani della Diocesi, promuovemmo un incontro sull'impegno dei cattolici in politica con la Federazione Giovanile Comunista, facemmo un incontro con dei giovani dell'Azione Cattolica Francese, facemmo il corso per diventare "Lettori" durante la Messa.
Ma da tante idee e speranze, sentimmo il bisogno di stilare un documento su Napoli, Lettera al Sindaco, pubblicato da molte riviste e giornali tra cui quello dei Vincenziani a Via Nevio e ripreso come inserto da Il Regno; fu un grido di denuncia,
una rivolta delle coscienze, una testimonianza forte e vivace.
Erano i tempi di Don Milani, Mazzolari, Juan Arias, Von Balthazar (quello dell'Inferno vuoto, perché la Misericordia di Dio è più grande dei peccati umani), la teologia della liberazione, la partecipazione attiva dei fedeli al culto.
Franco Alfarano, nelle sue appassionate omelie, già ci parlava che dove c'è pace, giustizia, amore, là c'è Dio e che dovevamo perseguire nel quotidiano quegli obiettivi, scegliendo senza infigimenti o perbenismo caritatevole di maniera. di essere sempre con gli ultimi, i più deboli.
Dopo la messa "sociale", organizzavamo anche feste e musica, presso la casa di alcuni di noi: 45 giri, patatine, un po' di coca cola e     qualche sigaretta sfusa (allora si vendevano in bustine) , le nostre feste erano belle, allegre, spensierate, solo due di noi avevano un mezzo di locomozione Mariano Mastrolanardo con la sua Lambretta e Fulvio Piccolo con la sua Garelli, allietati dall'ironia di Gino Cogliandro (quello dei tre tre) e Aldo Palazzo.
Tra le cose che Alfarano ci aveva inculcato  era il senso delle parole e dei comportamenti, il ti voglio bene aveva in sè l'affetto, l'amore, la condivisione, senza allusioni o secondi fini, l'amicizia era un valore imprescindibile di solidarietà, di confidenza....ricordo ancora le fobie di Claudio Garofalo, l'humour di Flavio Ciappa, la vespa, poi tappezzata da me di giornali di Aldo, le escursioni con Antonio Salzano a Via Petrarca al MiraNapoli, dividerci i soldi per il...caffé, ricordo con affetto la dolcezza di Susi Del Santo, la grinta di Teresa, la vivacità intelligente delle sorelle Stevens, l'impenetrabilità di Marta Bourcier, le giovanissime sorelle Mussolini, rivoluzionarie e rivoluzionatrici e tanti, tantissimi amici ed amiche.
Alfarano ci aveva insegnato come con fede perseguire la speranza, il significato profondo di essere altro, la rivoluzione dell'amore e della pace :comunità in cammino, comunità in ascolto..
Matteo Ricciardi, ci aveva insegnato ad apririci al mondo, ad accettarne le sfide, a non arrenderci davanti alla illusione e o peggio alla disillusione.
Sono passati oltre 40 anni, oggi i sentimenti, i valori sono usa e getta, le relazioni vuoti a perdere, il Paese è diviso, prevale l'egoismo, l'opportunismo, la cialtroneria: corrotti e perché no corruttibili.
I programmi politici sembrano spot pubblicitari, pieni di vuoto e nessunismo, il SERVIZIO è inteso come privilegio da difendere da caste, cricche, bande, al Popolo viene offerto il Grande Fratello o le veline, come modello facile di vita, di escort siamo pieni le scatole, come di cachemire a Cortina, o barche, o case terrazzate.
Oggi, come ieri, con il blog S. Carlo alle Mortelle, possiamo ricostruire una comunità, al di là delle scelte di vita, possiamo viverlo il nostro tempo e non trascorrerlo, un dono a tempo di cui non siamo arbitri,
con un dovere e un impegno, DARE SPERANZA ad un Paese ammalato di qualunquismo, a pochi o molti NON IMPORTA, "se il seme non muore, il germoglio non nasce", ritrovare noi stessi e gli altri, capaci di rinnovare e rinnovarci, convinti come siamo che anche a chi Dio non interessa, Dio è interessato a lui.

                                                                                                                 Antonio Menna


 

venerdì 14 gennaio 2011

Personaggi


Don Giovanni 'o mazzetto: Lo ricordo sempre vecchio con il suo grande naso rosso, la coppola, il cappotto doppio a proteggerlo dal freddo, perché lui era sempre lì, con la sua cesta di fianco al portone del civico sette, in piazzetta S.Carlo alle Mortelle; garbato, gentile ma di poche parole.
Il suo mestiere davvero singolare oggi quasi  incomprensibile, venditore di "mazzetti" per il brodo:sedano,carota,cipolla e prezzemolo al prezzo di 15 lire nel '60.
Non c'era donna del quartiere che non facesse riferimento a lui per gli indispensabili componenti del brodo che solo in pochi avevano la possibilità di arricchire con carne o pollo.
Uno dei tanti mestieri ormai solo ricordi di un'epoca che fu.





martedì 11 gennaio 2011

Personaggi

Ubaldo  : uomo di grossa corporatura dall’aspetto rude ,quasi selvaggio, solitario ,sempre con la sua pipa curva che alternava ai mezzi sigari toscani, dotato di un ampio vocabolario  che all’occorrenza  utilizzava senza freni  inibitori.
Il capo coperto sempre da un basco mai più visto in tutti gli anni della mia vita,pantaloni di lana estate/inverno,scarpe grosse, gilet e camicie originariamente  chiare…. sempre scure.
Dotato di una forza sovrumana, abituato ai lavori pesanti, incuteva paura ai bambini per il suo aspetto quasi da …uomo nero ma che qualcuno racconta di averlo visto tremare come in un attacco epilettico alla vista del  sangue che gli sgorgava dalle mani dopo essersi tagliato con dei vetri della copertura di una serra.
 Ex sagrestano a mezzo servizio, giardiniere, all’occorrenza uomo dai mille mestieri ricompensato ,quasi sempre,con sigari toscani.
Amava raccontare fatti accaduti in periodo di guerra con grande capacità di mescolare elementi di pura fantasia in un crescendo che sfociava quasi sempre in storie ai limiti del credibile.
Ricordo che qualcuno di noi, oggi noto attore comico passato per Drive in, che stava pazientemente ad ascoltarlo, attendeva la fine per dire che non credeva ad una sola parola di quanto aveva raccontato, scatenando,così,  l’ira del povero Ubaldo  che rispondeva con parole non propriamente da college.
Viveva da solo, ma ormai in tarda età sembrava si fosse innamorato di una donna molto giovane  con un bambino che talvolta fu visto avvolgere nelle sue grosse mani , come un gigante prima di scomparire in malo modo,per sempre. 

venerdì 7 gennaio 2011

Lettera aperta

Ricorderete certamente, molti di voi, Franco Alfarano, il sacerdote che ha segnato per molti di noi momenti importanti della nostra vita nell’ambito della comunità della Chiesa di San Carlo alle Mortelle.
Come non ricordare le omelie domenicali oppure quelle Natalizie e Pasquali tanto attese e tanto affollate.
Una intelligenza non comune, un uomo di Fede e di cultura, uno studioso  che,  dopo aver fatto scelte diverse,  non ha mai dimenticato quanti hanno condiviso momenti di impegno comune.
In occasione del Natale mi ha inviato una lettera aperta che alcuni già hanno ricevuto e che ora ritengo utile, anche in accordo con lo stesso autore, di rendere partecipi gli altri che seguono questo neo-nato blog.
Nel frastuono di questo scorcio di festività che ancora restano , vi invito a dedicarvi cinque  minuti di riflessione che, credo, non guastino.


Vi chiedo innanzitutto di perdonarmi perché non vi invio gli auguri di Natale e Capodanno con parole formali e di circostanza. Voi tutti ben sapete che le festività di questi giorni sono, a dir poco, difficili per noi tutti indistintamente, non solo nella nostra società e nella nostra nazione, ma anche nel mondo intero, per la gravissima crisi economica, sociale ed umana. In tale momento storico è difficile mandare auguri: non ha alcun senso e alcun valore. È invece opportuno scrivere, pensare, riflettere ed agire. Capirete dunque, miei carissimi, chiassosi e chiassose della Salute, della Cesarea e di San Carlo, giovani e adulti contemporaneamente, vaccinati dalla vostra esperienza, perché vi scrivo questa breve lettera aperta per il Natale 2010 ed il Capodanno 2011, che spero vi sia gradita.

È una lettera questa che manifesta una profonda tristezza del mio spirito, ma certamente anche un’infinita serenità ed una grande speranza. La mia tristezza viene dal constatare che, a differenza degli anni precedenti, ho potuto vedere, osservare e sentire che tante persone, oggi, non riescono a comprare nemmeno un po’ di frutta, perché costa molto, e che tante famiglie non riescono a far quadrare i conti per arrivare alla fine del mese. La disoccupazione è cresciuta notevolmente, il livello della povertà è estremamente preoccupante, mentre i ricchi diventano sempre più ricchi. I nostri figli non trovano lavoro, non possono realizzarsi nella società civile.
La politica e la società sono corrotte. In Italia, una buona parte di parlamentari è formata da indagati, condannati e mafiosi; l’illegalità è diventata cosa normale. L’immoralità è diventata normale e di conseguenza le famiglie si dividono e si distruggono. Oggi tutto è lecito, questa è la realtà; tutto si può fare, purchè ci sia il denaro ed il potere per  condizionare e sottomettere il proprio simile.
Credo che questo sia, se ben ricordo, il Natale più triste della mia vita. Ricordo il Natale durante la guerra, quando avevamo tanta fame e tanti pericoli per la nostra vita e nonostante ciò andavamo in Chiesa per cantare, pregare e gioire la nascita di Gesù alle ore 17.00 e non a mezzanotte, per evitare i bombardamenti. Allora, nonostante la sofferenza soffrivamo, ma con grande fede imploravamo al Signore la pace e la salvezza di tutti e sentivamo la certezza che il Signore ci avrebbe ascoltato. E così avvenne.
Ma oggi?
In questo Natale del 2010 così difficile ed oscuro riteniamo noi tutti, uniti nell’amore, nel servizio e nella grande fede, che la speranza non sia perduta e che la salvezza sia vicina?
Penso che nella confusione, nel disagio e nella sofferenza, l’uomo del nostro tempo stia vivendo un nuovo dramma della sua esistenza.
Ma il dramma è anche di Dio, che per mezzo di Gesù cerca tante pecore perdute, come furono Paolo di Tarso o Agostino di Ippona ed altri, che si salvarono nella Verità e nell’Amore.
L’Incarnazione del figlio di Dio, anzi Dio stesso che si fa uomo per mezzo della Vergine Maria e che si chiama Gesù per entrare nella storia di ciascun uomo, dell’umanità intera, è l’evento più grande e straordinario che sia mai avvenuto e che mai avverrà.
Egli esisteva prima del tempo e della storia. Egli esisteva prima della creazione dell’uomo, del mondo e dell’universo. Egli esisteva già nel “Principio”, cioè da sempre. Egli esisteva, anzi, con il Padre diede inizio alla creazione della stessa esistenza della Terra e dell’intera umanità.
Egli è veramente la Luce per gli uomini, che non è una luce superficiale, ma nemmeno una luce naturale, ma la Vera Luce di Dio, quella Luce che all’inizio della creazione, quando disse “sia fatta la luce”, Egli in realtà già vedeva in Se’. È la stessa Luce che illumina tutti gli uomini nello Spirito; è quella Luce indispensabile affinchè ogni vero uomo, aperto e responsabile, si metta nella direzione della salvezza.

Altro che il bambino Gesù che portiamo in processione e depositiamo nel presepe di sughero e creta e che mettiamo da parte per mangiare e dimenticare, ma il vero Figlio di Dio che viene riconosciuto come i Magi lo riconobbero nella Fede. E’ questo l’evento straordinario da meditare ed approfondire con fede e con amore. Non dobbiamo però dimenticare che al momento della creazione, al Principio, Egli disse: “Facciamo l’uomo”, fece un soffio potente divino e l’uomo ebbe la vita e la gioia.
La vita dell’umanità nella sua intera esistenza dal Principio fino ad oggi si è moltiplicata e nonostante tutto continuerà ancora; ne vivremo una prova ogni qualvolta sentiremo o vivremo che nascerà qualche bambino. La gioia che abbiamo sentito nel momento in cui abbiamo visto nascere i nostri figli è stata veramente immensa, ed è certamente la stessa che ha provato il nostro Creatore quando vide il primo uomo e la prima donna: fu felice, e li condusse in un giardino meraviglioso e stupendo.
E così nel tempo opportuno nascemmo anche noi. Nacqui prima io, ma successivamente anche voi, voi tutti, miei chiassosi e brillanti allora bambini, ma oggi adulti e con mogli, figli e nipoti. Il Signore ha voluto che anch’io avessi una moglie e due figli e tutti insieme, anche se non ci vediamo sempre, siamo vicini nella fede, nell’Amore e nel servizio e preghiamo ed operiamo nel nostro lavoro in questo tempo triste e difficile, ben ricordando che chi è veramente giusto (chi si è messo nella direzione di Dio), vive e vivrà per sempre in Lui.
Il Figlio del Dio Vivente, pur sapendo di esserlo, mise da parte il proprio essere Dio per farsi uomo, povero, indifeso e respinto da tutti. I primi uomini che furono chiamati da Dio per vederlo, furono i pastori, uomini poveri, disprezzati e sconosciuti, ed in quella occasione gli Angeli cantavano: “Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama”.
Il Figlio del Dio vivente che con grandissima umiltà è nato sulla Terra, ha messo da parte il suo essere Dio e si è fatto uomo…come noi tutti…tranne che nel peccato. Ecco perché gli angeli cantavano il Gloria a Dio, per l’evento unico e straordinario dell’Incarnazione: Dio si è fatto Uomo, Dio ci ha ridato la nostra dignità umana, anzi, si è abbassato, ponendosi al nostro servizio per salvare, per essere il Salvatore per sempre.

E tutto questo è stato fatto per un unico motivo: l’Amore.

Il canto degli angeli a Betlemme continua dicendo: “Pace agli uomini che egli ama”, pace tra gli uomini allontanatisi da Dio e riuniti a Lui per mezzo di quel bambino appena nato per indicare la strada per ritornare a Lui, perché ama tutti indistintamente, tutti noi uomini buoni e cattivi.
Ecco perché Gesù dirà un giorno: “Dio ha tanto amato il mondo, perciò ha mandato il Figlio Suo”.. Egli è venuto nel mondo, ma i suoi non l’hanno accolto allora e  non lo accolgono neanche oggi.  Alcuni però hanno creduto in Lui, ed a questi Dio ha fatto il dono (grazia = dono gratuito) di diventare figli di Dio (= cristiani, credenti).
Questa è la nostra fede, questa è la fede che , come dono, noi tutti abbiamo ricevuto; questa è la fede che avete ricevuto attraverso il Vangelo. E’ la stessa fede che allora da ragazzi vi ho insegnato e donato come il latte ai bambini (in modo semplice), quando eravate chiassosi e gioiosi. È la stessa fede che come un pezzo di pane vi offro oggi che siete adulti e vaccinati, per pensare, meditare, operare ed agire. E’ lo stesso pezzo di pane che offro ai miei figli e che ho ricevuto da mia moglie che condivide con me.
È la stessa fede solida e sicura che ci fa crescere, credere e sperare di andare avanti in questo Natale così triste, oscuro e difficile e che ci fa sentire nello Spirito queste parole di Gesù:
“Così ho sconfitto il mondo”.
“Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”
E se vi è qualcuno che ha qualche difficoltà, può rivolgersi a Lui ricordando una promessa eterna:
“Vi manderò il mio Spirito, lo Spirito Santo che sarà sempre con voi per consolarvi nella sofferenza. Egli vi illuminerà nella Verità e vi renderà liberi”.
Ricordandovi tutti infine, che come Gesù è venuto per la prima volta, ritornerà certamente visibile a tutti.
Egli apparirà presto, nella sua magnificenza e trasformerà ogni nostro lamento e pianto di gioia. E’Lui quello che può aiutare; manteniamo pronte le nostre lampade e restiamo sempre attenti nell’attesa, perché egli sta per venire. 

Vi saluto e vi abbraccio fraternamente

Franco

giovedì 6 gennaio 2011

E' da tempo che molti di noi,  ormai  lontani dai luoghi dove abbiamo vissuto la nostra infanzia,l'adolescenza, la gioventù, quei luoghi che visti oggi talvolta ci appaiono insopportabili, molto cari, odiosi,amati, malinconici,diversi, avevamo  voglia di ritrovarci, raccontarci,guardarci negli occhi se non materialmente,in quelli dell'anima attraverso uno strumento a volte demonizzato ma che può consentire uno scambio di idee,di ricordi, di battute, risate e talvolta anche di considerazioni e notizie meno allegre.

Abbiamo voluto chiamare questo strumento di incontro SanCarloalleMortelle per risvegliare la memoria a quanti sono cari quei luoghi, quei personaggi,quelle storie, quelle esperienze di impegno sociale,religioso,umano vissuto sempre con  onestà intellettuale, sempre nel rispetto dell'altro mai con fini di interesse.

Molti di noi hanno avuto percorsi lavorativi diversi, taluni costretti altri per propria scelta sono andati via dalla città,dall'Italia ma un filo seppur sottile ci ha sempre informati gli uni degli altri, poi la rete ha contribuito ad una più rapida presa di contatti e,non ultimo, anche una maggiore disponibilità di tempo da parte di alcuni che hanno preferito o dovuto entrare nel club di mamma INPS.

Abbiamo detto che SanCarloalleMortelle è uno strumento nostro,di quanti hanno voglia di ritrovarsi,raccontarsi e perché no, continuare a volersi bene.

Per il momento  noi ci mettiamo la faccia




.....attendiamo le vostre