Nel Blog che parla della storia del quartiere San Carlo alle Mortelle, non può ,mancare la storia della fabbrica BOSS. Questo scritto parla della storia di mio padre e della sua fabbrica, creata nell'immediato dopoguerra, sin dal 1946 e portata avanti attraverso il boom economico dell'italia degli anni 50 fino agli anni della contestazione operaia e della definitiva chiusura avvenuta nel 1969. La fabbrica sorgeva in fondo al Vicoletto San Carlo alle Mortelle ed aveva raggiunto negli anni sessanta un discreto numero di operai ed una grande visibilità anche a livello nazionale. La BOSS e' stato il fiore all'occhiello dell'espansione italiana del dopo guerra a seguito della nascita della FIAT ed in particolare della mitica 500. Mio padre, dalla mente creativa e geniale, creò una serratura per il portellone posteriore della '500, che includeva la sigla I (Italia) e che poteva sostituire la normale serratura di serie fornita dalla FIAT. Credo di non sbagliarmi se affermo che questa piccola serratura sia stata comprata da quasi tutti gli italiani che in quegli anni avevano una 500 . La produzione si estese poi alla '600, una serratura a forma di aletta, ed alla '750.
La storia della BOSS parte da molto lontano, al momento dell'armistizio che segnava la fine della 2^ guerra mondiale, nel lontano 1943. All'epoca mio padre, era sottoufficiale dell'aeronautica militare , Capitano addetto alla motorizzazione ed al controllo degli aerei militari. Al momento del disarmo generale lui scelse di lasciare l'aeronautica e si ritrovò a dover badare a se stesso ed alla nostra famiglia in un momento di totale caos economico e politico.
Fu così che cominciò a creare degli accendini, che in quel momento in cui era difficilissimo reperire cerini per accendere il fuoco, andavano alla grande. Li fabbricava completamente da solo. In un piccolo stampo di alluminio creava la cassa, che poi limava a mano ed infine li finiva inserendo la pietra focaia. C'era solo un piccolo particolare: gli accendini erano fuori legge ed erano venduti al mercato nero. C'erano dei punti di vendita che raccoglievano la “merce”. Qualche volta la staffetta era mia sorella maggiore, che all'epoca andava in quinta elementare, e nascondeva gli accendini nella sua cartella.
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Per fortuna questo periodo passò presto. La mente creativa e geniale di mio padre si industriò a creare una serie di brevetti che gli hanno permesso di portare avanti la fabbrica e la famiglia. Nel 1946 brevettò il lucchetto antiscasso , che si serviva di un originale sistema di sicurezza, che fu poi, usato anche dalla YALE. Cominciò a lavorare in un locale in via san Nicola da Tolentino, con un suo collega d'arma, Antonio Osta, che poi divenne il suo Direttore di Produzione ed una sola operaia, che si chiamava Antonietta. Nel 1950 si trasferì in vicoletto san Carlo alle mortelle, e lì cominciò la sua espansione. IL lucchetto antiscasso ebbe un'enorme diffusione e la fabbrica cominciò ad avere alcuni operai fino ad arrivare al 1954, quando giunse la commessa del carcere di Poggioreale di fornire tutte le serrature da applicare alle celle. Questo ordine fu un'enorme soddisfazione per mio padre, che cominciò ad avere ordini di una certa portata. Ed ancora, sempre nello stesso anno, brevettò la serratura da applicare a tutte le Cassette Postali delle Poste e Telecomunicazioni Italiane.. Il brevetto portava un'innovazione fondamentale nel campo delle serrature di sicurezza delle cassette postali dell'epoca. Insomma, in qualche modo mio padre era riuscito ad imporsi per la sua capacità di introdurre nel mercato delle nuove proposte. Il Ministero delle Poste e Telecomunicazioni accettò la proposta di mio padre e da quel momento in poi la fabbrica decollò fino a raggiungere circa 15 operai. Questo brevetto e' stato poi ricordato, negli ultimi anni, a seguito dell'interessamento di suo nipote, Dott. Mario Fiorentino, Direttore Generale addetto alla regolamentazione del settore postale e del Ministero dello Sviluppo Economico ed esposto nel Museo Storico delle Poste Italiane, fondato nel 1878 ed adesso situato all'Eur.
Quasi in contemporanea nel 1956 nacque un'originalissima serratura a forma di tabacchiera per sportelli portabagagli di auto. Questo brevetto non ebbe il successo sperato. Ma la fervida fantasia di mio padre creò nel '61 la mitica serratura a sigla ITALIA, che fruttò prestigio e successo nazionale alla sua piccola fabbrica.
Gli anni trascorsero veloci con ritmo frenetico, per la piccola fabbrica di mio padre che nei primi anni '60 si trovò a dover fronteggiare una mole enorme di ordini. A quel punto tutte le forze della famiglia vennero impiegate a dare una mano alla situazione. L'ufficio era in casa, e la contabilità condotta dal fratello di mio padre, lo Zio Gaetano, e tutti noi familiari e domestiche nel pomeriggio, contribuivamo all'impacchettamento delle serrature da inviare in giro per la crescente ITALIA degli anni del benessere e della ripresa economica . Può servire a comprendere l'atmosfera di quegli anni questo piccola memoria scritta dal primo nipote della famiglia, Luigi Fiorentino,figlio di mia sorella Amalia. Mia sorella si era già sposata e veniva qualche volta a trovarci con I suoi primi due figli, Luigi e Mario. Io , ancora giovanissima, contribuivo all' impacchettamento delle serrature da inviare la sera stessa della produzione che era avvenuta in giornata nella fabbrica.
Io ricordo la primaria Fabbrica di serrature .... ero piccolo. Non potevo scendere lì dove si creavano le mitiche serrature con le alette. Stavo con la nonna e le zie a casa. Ma anche lì l'aria era quella: era la casa delle donne della Fabbrica. Salivi le alte scale del palazzo e ti trovavi, senza saperlo, dentro. Passato un piccolo ingresso pieno di vari attrezzi e scatole ti trovavi di fronte ad una scrivania grande ed una piccola. Sulla grande c'erano tutte le carte e documenti mentre su quella piccola c'era una piccola macchina di scrivere, Olivetti mi sembra, che serviva per scrivere tutto quello che occorreva alla Fabbrica.
Ma il mio ricordo più tenero e vivo viene dalla cucina. Normalmente in una cucina si respirano odori, profumi, rumori di piatti. Lì invece io entrando trovavo le donne di casa, erano sedute attorno al tavolo, alcune in vestaglia, e lavoravano fino a sera. Quando faceva buio una tenua luce illuminava le loro mani sicure mentre impacchettavano con cura la serratura, le viti di supporto, le istruzioni e tutto quello che occorreva. Ogni tanto si fermavano e sorseggiavano un po’ di caffè. Un profumo che ho ancora nelle narici. Chiacchieravano anche ma lavoravano, con pazienza e di buona lena. Da questo posto uscivano per esser vendute le serrature di mio Nonno Mario.
Ecco, io credo che queste poche righe riescano a trasmettere l'atmosfera che abbiamo vissuto tutti noi italiani in quegli anni. L'anima del piccolo imprenditore italiano, che vive e respira la sua possibilità di affrancarsi dal bisogno e dalle memorie dei lunghi anni di sacrificio con creatività, impegno, entusiasmo e forza. Io ricordo che la fabbrica era parte della mia famiglia. Ed in effetti anche il rapporto con gli operai di mio padre era davvero familiare. Erano pochi, e quindi si conoscevano e lavoravano un po' tutti come in una piccola famiglia. Purtroppo , con il crescere della fabbrica, e con l'evoluzione che e' avvenuta verso la fine degli anni sessanta questo non e' potuto più accadere. La piccola fabbrica di mio padre e' stata anche lei inghiottita dal malessere che e' sopraggiunto con la contestazione operaia e con il decadimento della produzione FIAT. Mio padre era già così anziano da non avere il coraggio di investire nuove forze e di trasformare la fabbrichetta da una struttura familiare ad una industriale. E cosi, dopo le prime delusioni avute con il crollo delle vendite che si confrontava con la sua incapacità a trovare nuove forme di produzione e dopo le prima contestazioni che avvenivano, come era giusto che fosse, anche fra le sue maestranze, decise di chiudere la produzione nel 1969. Ma nel mio cuore di figlia e di donna che e' stata figlia del dopoguerra e della contestazione del '68, la fabbrica di mio padre e della mia famiglia resta impressa nella mia memoria in modo indelebile.
Maria Bossa