Entravano in fila in silenzio, a passo felpato, nella Chiesa di San Carlo alle Mortelle, in particolare nelle occasioni solenni come la festività di S.Carlo,il 4 Novembre, per i canti liturgici della messa solenne e per la benedizione speciale impartita di consueto dall'Arcivescovo della Città, le ragazze non vedenti dell'Istituto Strachan Rodinò di via Filippo Rega.
Le ciechine, come comunemente ed affettuosamente le chiamavamo nel quartiere, facevano parte di un Istituto tenuto da suore,che aveva per scopo il mantenimento e l'istruzione di ragazze non vedenti povere, sorto prima come convitto nella seconda metà dell''800 e successivamente trasformato in Fondazione che porta il nome di Leopoldo Rodinò (1810-1882), autore dell'importante Grammatica novissima della lingua italiana (1848) che in quegli anni fondò un Opera di sostegno per i mendicanti ed in particolare per quelli ciechi e dell'aristocratica Lady Strachan, marchesa di Salsa,che fu promotrice e finanziatrice dell'Istituto per l'educazione delle giovani non vedenti.
Avevano delle voci straordinarie che si propagavano con dolcezza in un profumo intenso di incenso che nelle grandi occasioni abbondava sulle carbonelle ardenti nel turibolo d'argento quasi sempre maneggiato dal turiferario ufficiale che era il nostro fraterno amico Aldo Palazzo, bravissimo attore ed imitatore che nelle sue funzioni assumeva un atteggiamento molto serio, tanto serio che provocava quasi sempre una risatina contagiosa tra gli altri amici presenti (ed anche tra gli addetti al servizio liturgico)
Al termine delle cerimonia, le ragazze, alcune proprio piccole, accompagnate dalle suore, scendevano l'angusta scaletta di legno del piccolo soppalco dove era posizionato l'organo e tornavano all'istituto tra i complimenti dei fedeli che illuminavano i loro volti di gioia.
Le ciechine, come comunemente ed affettuosamente le chiamavamo nel quartiere, facevano parte di un Istituto tenuto da suore,che aveva per scopo il mantenimento e l'istruzione di ragazze non vedenti povere, sorto prima come convitto nella seconda metà dell''800 e successivamente trasformato in Fondazione che porta il nome di Leopoldo Rodinò (1810-1882), autore dell'importante Grammatica novissima della lingua italiana (1848) che in quegli anni fondò un Opera di sostegno per i mendicanti ed in particolare per quelli ciechi e dell'aristocratica Lady Strachan, marchesa di Salsa,che fu promotrice e finanziatrice dell'Istituto per l'educazione delle giovani non vedenti.
Avevano delle voci straordinarie che si propagavano con dolcezza in un profumo intenso di incenso che nelle grandi occasioni abbondava sulle carbonelle ardenti nel turibolo d'argento quasi sempre maneggiato dal turiferario ufficiale che era il nostro fraterno amico Aldo Palazzo, bravissimo attore ed imitatore che nelle sue funzioni assumeva un atteggiamento molto serio, tanto serio che provocava quasi sempre una risatina contagiosa tra gli altri amici presenti (ed anche tra gli addetti al servizio liturgico)
Al termine delle cerimonia, le ragazze, alcune proprio piccole, accompagnate dalle suore, scendevano l'angusta scaletta di legno del piccolo soppalco dove era posizionato l'organo e tornavano all'istituto tra i complimenti dei fedeli che illuminavano i loro volti di gioia.
che bel ricordo e poi Aldo col turibolo, hai ragione, quante risatine, eppure non avevamo niente e il mondo intero ci apparteneva
RispondiEliminaAntonio Menna Roma
RispondiEliminaGioconda Amitrano ha scritto su Facebook:Anche loro fanno parte della mia infanzia....
RispondiEliminaBruno Rippa: Le ciechine ossia "e'cecatelle"uscivano in fila dal convitto dove mio nonna e mia nonna(Gennaro e Emma Ruggiero) erano i portieri.Mio nonno faceva anche delle piccole riparazioni e io lo seguivo portandogli la cassetta dei ferri.Ricordo, an...cora,la voce della madre superiora che lo chiamava:GENNARINO!Ricordo il refettorio dove "e'cecatelle"tenevano le recite e dove il nonno collaborava alla sistemazione del presepe.inoltre ricordo le ciechine che scrivevano in brail.Ho frequentato l'asilo e le elementari e ricordo il quaderno con la copertina nera di "bella scrittura" che la suora maestra conservava nell' armadietto e i banchi di legno con i calamai sempre vuoti.Sono ricordi di più di 50 anni fà
RispondiEliminaRossana Improta: E' uno spaccato della storia di Napoli che sà tanto di dolcezza
RispondiEliminaGioconda Amitrano :Da piccola andavo a trovare mia nonna che abitava a p,tta S. Carlo alle mortelle 7 e mi capitava spesso d'incontrarle verso sera per le scale del palazzo. Loro si muovevano in fila indiana ed entravano o uscivano da un appartamento al primo piano da cui credo si accedesse in chiesa. Le guardavo incuriosita e devo dire anche un po' impaurita: le scale erano sempre un po' buie e loro erano così scure... così silenziose.....così sconosciute...
RispondiEliminaIo avevo sette otto anni e loro un'età indecifrabile.
L'appartamento citato da Gioconda nel bel ricordo della sua infanzia, era la vecchia casa canonica poi sede dell'Associazione Gioventu' Unita.
RispondiEliminaAntonio Salzano
Antonio,sempre a proposito del convitto delle ciechine,ricordo che nel cortile dello stesso giocavamo con mio fratello e mi viene in mente della prima nevicata che ho visto a napoli.Una mattina ci svegliammo e con nostra meraviglia trovammo il cortile inbiancato.Dietro i richiami di mamma,scedemmo al centro e ci mettemmo a costruire un pupazzo di neve
RispondiEliminaSusi Del Santo: Ora me le ricordo 'e cecatelle! Grazie a tutti voi
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